martedì, Luglio 29, 2025
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Come Caltagirone rischia di diventare ostaggio dell’algoritmo

Viviamo a Caltagirone, una cittadina che un tempo discuteva in piazza, oggi invece dibatte (si fa per dire) quasi esclusivamente dentro le bacheche di Facebook. Un luogo che, da strumento potenzialmente utile, è diventato la gabbia algoritmica in cui si consumano sfoghi, polemiche, lamentele. Spesso legittime, certo. Ma raramente costruttive. Siamo vittime di un meccanismo invisibile ma potentissimo: l’algoritmo. Quel codice scritto per tenerci incollati allo schermo, che ci mostra solo ciò su cui abbiamo già posato lo sguardo, solo ciò che conferma le nostre opinioni. E così, anziché aprire il confronto, lo chiudiamo. Ogni post, ogni commento, ogni condivisione diventa una conferma dei nostri pregiudizi. E chi ha più seguito, chi urla più forte, finisce per imporsi come voce dominante, anche in assenza di dati o fatti concreti. A Caltagirone i temi più discussi — sicurezza, lavori pubblici, incendi, decoro urbano — sono sacrosanti. Ma chi li affronta lo fa spesso dentro cerchie chiuse, in cui “ce la si canta e ce la si suona”. Un’eco di opinioni che non ammette repliche, che ignora punti di vista alternativi, che non lascia spazio all’analisi. E soprattutto, non porta ad alcuna azione. Come se, al di fuori dei social, non esistessero amministratori, volontari, cittadini impegnati. Come se tutto ciò che funziona — o almeno tenta di funzionare — fosse invisibile. Perché l’algoritmo ha una preferenza chiara: le polemiche tirano più dei risultati. Il paradosso è che quello che un tempo era il “curtigghiu”, oggi è diventato digitale. Ma con una differenza sostanziale: prima era spontaneo, adesso è calcolato, gestito da un sistema pensato per monetizzare la nostra attenzione e mantenerci in una perenne condizione di malcontento. Cosa fare? La soluzione non è semplice. Ma il primo passo è la consapevolezza. Capire che quel che leggiamo non è il mondo, ma una sua versione personalizzata e distorta. Che siamo terminali di un sistema che non vuole il nostro bene civico, ma il nostro tempo di permanenza online. E allora sì, critichiamo. Ma con spirito costruttivo.

Ci sono problemi? Affrontiamoli anche nel mondo reale.

  • Gli incendi sono una minaccia? Organizziamoci per supportare controlli o prevenzione.

  • La villa comunale è degradata? Rimbocchiamoci le maniche: panchine, aiuole, pulizia. Basta un gruppo, un’idea, un dialogo con l’amministrazione.

  • La sicurezza stradale preoccupa? Consultiamo le statistiche, analizziamo i dati. Facciamolo con metodo, non con la pancia.

Insomma: torniamo a parlare, non solo a digitare. Torniamo a guardarci negli occhi. A confrontarci, magari duramente, ma onestamente. I social non vanno demonizzati, ma usati con consapevolezza. Sono strumenti, non verità assolute. A Londra, nel cuore di Hyde Park, esiste lo Speakers’ Corner: dal 1855 è il simbolo della libertà di parola. Perché non pensare a qualcosa di simile anche a Caltagirone? Un angolo nella villa comunale dove discutere, anche in chiave moderna, con una webcam, una pagina dedicata. Ma mettendoci la faccia. Perché è lì che si vince la sfida con l’algoritmo: non eliminandolo, ma superandolo con umanità, intelligenza e senso civico.

Paolo Buda

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