Ma quanto è distante la Sicilia dall’Europa? Sembrerebbe una domanda insensata, visto che la Sicilia è Europa. Ma esistono distanze che non sono geografiche, sono distanze culturali, istituzionali, di pensiero, di “vita di tutti i giorni”. Un siciliano che passa la propria vita nella meravigliosa isola del Mediterraneo senza avere opportunità di conoscere come “gira il mondo”, cosa ne può capire di Europa, di Bruxelles, di Parlamento Europeo o di istituzioni “sovrannazionali”. Eppure l’Unione Europea è costantemente impegnata per rendere tutti i suoi cittadini uguali con politiche di inclusione. Quel siciliano, tante volte, non se ne accorge nemmeno, non l’avverte, non se ne rende conto, non sa di che cosa si parla e che cosa significa, non trova segni concreti di questa vicinanza nella propria quotidianità. Tuttalpiù se “casca il discorso” durante una cena tra amici, ci si sofferma a parlare di quanti soldi l’Italia trasferisce nelle casse dell’Unione Europea e di quanti, di questi soldi, rientrano in Sicilia. “La Sicilia non è in grado di spendere i soldi dell’Europa!”, “in Sicilia si perdono milioni di euro di finanziamento per incapacità della Regione”: questi i ritornelli conosciuti ai siciliani. Ma è veramente così? O si tratta del solito fatalismo siciliano che accompagna l’isola dalla notte dei tempi? Dove tutto scivola nell’indifferenza e ciò che conta è il lento e inesorabile ritmo della vita fatta di mille piccoli problemi quotidiani senza che niente possa dare un sussulto di vitalità? Eppure l’Unione Europea stanzia davvero tanti milioni di euro in programmi di finanziamento. Il più conosciuto tra questi è sicuramente il Next Generation EU tramite il PNRR, voluto a seguito della crisi scatenata dalla pandemia da Covid-19. Ma ci sono altri fondi e altri programmi di finanziamento che con ciclicità settennale (siamo nel ciclo 2021-2027) permettono ad ogni singola nazione di poter investire milioni di euro per realizzare importanti obiettivi di crescita strutturale. Tra questi un ruolo importante lo svolge il PO-FESR, ovvero il Programma Operativo del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. Fondi destinati dall’Unione Europea alle istituzioni regionali, quindi anche alla Regione Siciliana. L’ultimo settennato 2014-2020 si è chiuso con una dotazione di oltre 2,5 miliardi di euro. Mentre il PO-FESR 2021-2027, che è in fase di definizione, ne metterà a disposizione oltre il doppio! La Regione Siciliana all’inizio di quest’anno ha comunicato di aver raggiunto il target di spesa previsto sui fondi assegnati. A dimostrazione che molti sforzi sono stati compiuti per superare le difficoltà legate alla mancanza di progettazione con cui si rischia di restituire fondi all’UE. Appare dunque evidente che esiste un problema legato alla comunicazione tra istituzioni e cittadini, derivante dal fatto di non riuscire sempre a far conoscere in modo adeguato tutti gli sforzi messi in atto dalla macchina burocratica per arrivare a far assegnare le risorse finanziare messe a disposizione dall’Unione Europea ai comuni, alle imprese, alle università siciliane. Per chi non è addetto ai lavori o per coloro che non sono direttamente interessati dalle linee di finanziamento diventa veramente difficile percepire i ritorni concreti derivanti dell’enorme quantità di denaro che giunge in Sicilia? Eppure molti cantieri sono partiti e stanno partendo grazie a queste risorse. È anche vero che di tentativi di infiltrazione mafiosa nell’assegnazione di queste risorse ne sono stati fatti dalle criminalità organizzate, creando ulteriore diffidenza nell’opinione pubblica. La cronaca giudiziaria, negli anni, si è arricchita di casi di arresti e denunce per truffa all’Unione Europea, a dimostrazione che la pioggia di milioni di euro di finanziamenti pubblici continua ad essere uno dei principali business di Cosa Nostra e delle altre organizzazioni criminali presenti in Italia. Ci sono esempi di virtuosismo e di capacità di progettare che però meritano di essere citati ad esempio. Un territorio in particolare, Caltagirone e il calatino, ereditando metodologie di best practice in settori legati al welfare sin dagli anni 90, è riuscito a sviluppare importanti progetti grazie alle risorse del Fondo per lo Sviluppo Regionale dell’Unione Europea del periodo 2014-2020. Questa porzione di territorio siciliano composta da otto comuni (in rappresentanza di circa l’1,5% della popolazione isolana) ha saputo sfruttare uno strumento di coesione voluto dal Governo italiano, la “strategia per le aree interne”, per cercare di superare la distanza esistente, in termini di competitività, dai principali centri di offerta di servizi risorse ambientali (idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e risorse culturali (beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere). Nel 2013, su impulso dell’allora ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, nasce la Strategia nazionale per le aree interne (Snai), una politica diretta in primo luogo a riconoscere le fragilità sociali e fisiche dei luoghi e delle comunità lontane e, nel contempo, a potenziare la dotazione di servizi essenziali di cittadinanza in modo da contrastare lo spopolamento.[1] Per la prima volta nel 2014, l’Unione Europea ha condiviso la visione strategica dell’Italia sulla necessità di recuperare quei territori “periferici” puntando alla riduzione dei gap in termini di servizi e per potenziare contestualmente le potenzialità in grado di essere generati dal territorio in questione. E il calatino in questo è sicuramente attore principale. Dall’artigianato, alle eccellenze agricole, dai siti UNESCO alle tradizioni popolari e religiose, si tratta di un’area con ampi margini di crescita. L’area interna del calatino, ufficialmente riconosciuta dalla Regione Siciliana come area SNAI (insieme a Terre Sicane, Nebrodi, Madonie e Simeto Etna) nel 2015 è rientrata a pieno titolo tra i territori svantaggi da sostenere anche con i fondi assegnati dall’Unione Europea anche dal FESR, per cofinanziare progetti di sviluppo locale. Formez, centro studi della Presidenza del Consiglio dei Ministri in un recente dossier così si è pronunciato in merito al calatino: “Il comprensorio siciliano, composto da otto comuni della provincia di Catania, ha perso negli ultimi 60 anni il 26% della popolazione, in particolare della componente giovane con una quota di over 75 residenti pari al 11,8% e di bambini al di sotto dei 6 anni del 4,9%.” Una lapidaria e inconfutabile fotografia della situazione demografica vissuta nel territorio che non lascia via di scampo. L’Unione Europea avrà tenuto conto anche di questi dati quando ha deciso di destinare ben 31 milioni di euro dal FESR al territorio. Risorse che vanno a sostenere gli otto comuni (Caltagirone, Vizzini, Grammichele, San Cono, Licodia Eubea, Mineo, San Michele di Ganzaria e Mirabella Imbaccari) nella realizzazione di progetti condivisi e innovative visioni di sviluppo e di crescita nei settori dell’agroalimentare, della sanità, dell’artigianato (partendo dalla Ceramica artistica di Caltagirone), del turismo e della digitalizzazione dei servizi pubblici. La dotazione finanziaria complessiva di 38.830.595,33 assegnata all’Area Interna del Calatino nel periodo 2014-2020 è stata definita e dettagliata in 51 diverse azioni denominata AICA (Area interna del calatino AZIONE) con cui si intendono raggiungere importanti obiettivi. I fondi PO FESR hanno inciso per quasi la totalità della disponibilità con 33.455.039,03 di euro, mentre la restante parte di risorse è finanziato con altri fondi europei (FSE, FEASR) e con le leggi di bilancio dello Stato. Lotta alla dispersione scolastica, miglioramento delle performance degli studenti, attività extra scolastiche, sicurezza degli ambienti scolastici, sostegno alle imprese operanti nei mercati dell’innovazione, sostegno al mercato del lavoro, riduzione del tasso di ospedalizzazione, welfare e telemedicina, potenziamento infrastrutture viarie, taxi sociali, digitalizzazione dei comuni, riduzione consumi energetici, potenziamento offerta turistica, questi: in breve queste le principali strategie di investimento nel territorio, secondo intese raggiunte dalle amministrazioni locali insieme all’Agenzia per la Coesione Territoriale e ai ministeri coinvolti. I 51 progetti “AICA” sono il frutto di una chiara volontà politica dei sindaci del territorio che ha visto nella piena disponibilità e preparazione del personale degli uffici pubblici comunali la sintesi “fattiva” necessaria per tradurre in progetti concreti e realizzabili le risorse finanziarie messe a disposizione dall’Unione Europea e dallo Stato. Di questi 51 progetti, ben 24 sono finanziati dal FESR e riguardano in dettaglio: la messa in sicurezza delle scuole Fisicara, Via Madonna della Via (entrambe a Caltagirone);- progetti di Living Lab, ovvero laboratori del “saper fare” nei settori agroalimentari e dell’artigianato (Caltagirone e Mirabella Imbaccari);- la realizzazione di Centri Diurni per anziani e non autosufficienti a Caltagirone, Vizzini e Mirabella Imbaccari; – il potenziamento del welfare tramite la telemedicina; – la realizzazione di lavori di manutenzione stradale;- la realizzazione di una rete dati condivisa per offrire servizi digitalizzati ai cittadini riguardanti il territorio, la sicurezza e la protezione civile);- la realizzazione di banche dati e dei sistemi gestionali integrati; – la realizzazione di programmi di e-inclusion e partecipazione civica (promozione di servizi online rivolti a cittadini imprese, realizzazione di ambienti pubblici di coworking); – progetti di efficientamento energetico degli edifici pubblici; – realizzazione di centri territoriali logistici per la trasformazione di biomasse e produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili; – il recupero in chiave turistica dell’ex convento Cappuccini, della Torre S.Gregorio a Caltagirone; – la realizzazione di un sistema di valorizzazione culturale e ambientale con nuove tecnologie immersive e in realtà aumentata; – la realizzazione di un modello organizzativo per la gestione di destinazioni turistiche e di un Sistema di valorizzazione del territorio Calatino. Secondo la dottoressa Giovanna Terranova, coordinatrice dei progetti dell’Area Interna del Calatino, l’opportunità offerta dalla Strategia Nazionale per le Aree Interne insieme alla disponibilità di risorse messe in campo dall’Unione Europea e dalle leggi di bilancio dello Stato italiano, permetteranno di far compiere un importante passo in avanti a questo territorio che ha visto via via ridurre la propria importanza e capacità di concorrere con altre aree della Sicilia dotate di migliori presupposti di crescita e di sostegno della propria popolazione. “Nonostante si lavori al limite delle proprie capacità, il senso delle istituzioni, l’amore per il territorio, il sogno di lasciare in eredità alle generazioni future la possibilità di restare e credere nel calatino, mi hanno sempre fatto superare ogni difficoltà, buttando il cuore oltre l’ostacolo. Il costante supporto dei sindaci degli otto comuni del calatino e il lavoro intenso portato avanti con i miei colleghi delle amministrazioni comunali hanno permesso di mettere in pista questi importanti progetti di crescita e di sviluppo del territorio”. Si può dunque dire che l’Europa sia lontana? È solo una questione di percezione, di interesse e di senso di appartenenza. Sicuramente su questi aspetti c’è ancora molto da recuperare, la possibilità di organizzare momenti di confronto partecipativi tra territorio e istituzioni europee potrebbe favorire queste dinamiche. Le strategie da mettere in campo per favorire questi aspetti non sono perfettamente rispondenti al bisogno di rendere partecipi i cittadini europei, in una terra difficile e complessa come la Sicilia, alle dinamiche politiche, economiche e sociali avviate.
Paolo Buda